Le novità che riguardano il nostro caro attore e doppiatore non si affacciano solo al più seguito centro commerciale ma riguardano anche due importanti fiction: si tratta di Fratelli Detective, mini serie-tv per la regia di Rossella Izzo, nella quale D’Anca sarà guest di puntata e interpreterà il ruolo di un vice commissario di polizia, e Sezione Narcotici, per la regia di Michele Soavi. Prodotta dalla Goodtime, Sezione Narcotici andrà in onda nel mese di Ottobre su Raidue. Michele D’Anca è tra i protagonisti della serie ed interpreterà il ruolo di Federico Buratti, “fratello” e braccio destro di Ivano (Stefano Dionisi); si tratta di un personaggio di spicco, membro di una banda di trafficanti di droga, spietati e pericolosissimi, che spadroneggiano nella città di Roma. Oltre a Michele D’Anca e Stefano Dionisi, nel cast ci saranno anche Ricky Memphis, Gedeon Burkhard e Raffaella Rea.
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Non solo un grande attore di tv e teatro, che fa della recitazione non un mestiere qualunque ma un’arte senza uguali, Michele D’Anca è anche un ottimo doppiatore che sembra appartenere a quella che gli storici definiscono la sesta generazione della scuola romana di doppiaggio, quella formatasi intorno all’anno 2000. Dal 1999 collabora costantemente come doppiatore con tutte le più importanti società di edizione cinematografiche e televisive, fra cui: Sefit CDC, Pumaisdue, Cast, CDL, CVD, Dea 5, ETS, Dubbing Brothers, SEDIF e CD.
Noi di tvoggi.info abbiamo intervistato Michele D’Anca, prodigio del palcoscenico e della macchina da
1) Sebastian Castelli è il ruolo che interpreterai nella soap opera Centovetrine. Quali emozionanti sorprese ci aspettano a Villa Castelli e al centro commerciale più seguito d’Italia?
La sorpresa più grande sarà l’entrata in scena di un personaggio senza scrupoli, “pericoloso” e legato ad affari e ambienti loschi. Un uomo dotato di un forte senso dell’onore, carisma, autorità e leadership, attributi di un potere che Sebastian detiene in modo oscuro e misterioso. Sarà destinato a riportare in primo piano il nome dei Castelli nelle trame per le lotte di potere legate alla holding. Penso che renderà la vita molto difficile ad alcuni personaggi principali della soap.
2) Quando vedremo Sebastian Castelli esordire sullo schermo?
Vedremo Sebastian da metà Maggio, ma nella soap si parlerà di lui già da Aprile, con l’ingresso di Jacopo Castelli, figlio adottivo di Sebastian.
3) L’entrata in scena di Sebastian Castelli è destinata a ristabilire gli equilibri della famiglia, riprendendo, a grandi linee, quelli che erano i principi e i punti di forza del fratello Alberto, oppure rimarcherà i punti oscuri di Villa Castelli?
Sebastian è molto diverso da Alberto, pur condividendo con lui alcuni sentimenti e valori importanti come la famiglia. Lotterà per essere il nuovo punto di forza e di riferimento del clan Castelli e tenterà di farlo tornare unito. Inoltre, porterà con sé anche oscurità e segreti che riaffiorano dal suo passato, e una tormentata e irrisolta storia d’amore. Passione, intrigo e suspense nelle trame della famiglia Castelli sono assicurati.
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4) Sarai protagonista nella mini-serie La Narcotici, per la regia di Michele Soavi, prossimamente in onda su Raidue. Che ruolo interpreterai in questa fiction?
In Narcotici, in onda a Ottobre su Raidue, sarò Federico Buratti, “fratello” e braccio destro di Ivano (Stefano Dionisi). I due sono a capo di una banda di narcotrafficanti spietati e pericolosissimi che vogliono impossessarsi della capitale. È il mio primo personaggio recitato in dialetto romano e ciò mi diverte parecchio perché il dialetto rende la recitazione particolarmente verace. Questo ruolo l’ho amato molto: è un personaggio schietto e folle, che ha fatto del valore dell’amicizia la sua ragione di vita e la vive come un valore assoluto, fino alle sue estreme conseguenze. Ho sempre desiderato lavorare con Michele Soavi perché è un vero maestro dei film d’azione. Essere diretti da lui è un’esperienza bellissima: stimola gli attori all’improvvisazione e, anche quando gira fiction, usa la macchina da presa come se stesse facendo cinema.
5) Recitare su set diversi è, senz’altro, collezionare una serie di esperienze che servono ad arricchire il bagaglio di conoscenze dell’attore al fine di migliorare la propria performance. Ci vuoi parlare della tua esperienza sul set di Centovetrine?
6) Dal 1999 collabori costantemente come doppiatore con tutte le più importanti società di edizione cinematografiche e televisive. Come lo definiresti il lavoro di doppiatore? Di quali armi vocali bisogna servirsi per doppiare i personaggi? Quali sono gli ingredienti giusti per essere un buon doppiatore?
Il lavoro del doppiatore è paragonabile al lavoro del poeta traduttore di un testo letterario. Con la sua versione in un’altra lingua, cercando di restituirne stile ed atmosfera, compie un’operazione culturale che rende un’opera fruibile da più persone. Analogamente, il lavoro di doppiatore è l’attività che traduce vocalmente e drammaticamente un’opera filmica, con lo scopo di rendere comprensibile e credibile l’interpretazione di un attore di lingua straniera. Le “armi” vocali sono le stesse che usano gli attori di prosa: ottima dizione, impostazione ed uso della voce, senza dimenticare l’abilità di rendere umane le intonazioni. Non occorre solo avere una bella voce, occorre che sia espressiva e duttile. Gli ingredienti giusti sono: talento, esperienza nel campo della recitazione e del doppiaggio, un’ottima padronanza delle capacità vocali, avere buon occhio e orecchio per far aderire la propria voce al volto e alla recitazione dell’attore da doppiare, e tanto cuore.
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7) Michele D’Anca è un attore a tutto tondo, impegnato a 360 gradi nel vasto mondo della recitazione. Qual è, secondo te, il più grande successo di un attore? Quando un buon interprete deve ritenersi soddisfatto del proprio lavoro?
Il vero successo per un attore è rendere il proprio personaggio umano e credibile, riuscire a svelarne i significati più intimi celati nell’anima. Se si riesce a fare questo, interpretando quei ruoli particolarmente impegnativi che si definiscono “a prova d’attore”, si otterrà un grande risultato. Riguardo alla soddisfazione: mai un vero artista dovrebbe ritenersi tale. Pena la morte creativa. La ricchezza di un personaggio scritto bene è insondabile, così come il bisogno e la necessità espressiva di un’anima particolarmente sensibile qual è quella di un attore di talento. Quando il regista a fine scena ordina lo “stop”, o quando un attore esce dal palcoscenico, se questi ripensa al suo lavoro non si ritiene quasi mai soddisfatto. Si ha sempre la sensazione che qualcosa, magari una sfumatura, si poteva curare meglio, rendere più naturale o espressiva.
8) Esiste, secondo te, un filo conduttore che lega il mondo della recitazione con quello reale?
Ci vorrebbe un intero volume per rispondere a questa domanda. «Tutto il mondo è un palcoscenico» scriveva Shakespeare. Calderón parlava del «gran teatro del mondo». «Tutti recitano», sosteneva Marlon Brando. Si recita, fin da bambini, per i più svariati scopi: per mentire, per convenienza, per ottenere vantaggi o attenzione, per farsi notare, per proteggersi o nascondere stati d’animo, per fingere emozioni che non proviamo, per compiacere il proprio fidanzato. Tutti, consapevoli o meno, inscenano la loro rappresentazione personale nella vita e interpretano i ruoli del genitore, dell’amante, del capo d’azienda, del bullo di quartiere, e così via. Ad essere rappresentati, però, non sono solo ruoli sociali o tipi psicologici; si possono rappresentare emozioni, istinti primordiali, dèmoni, figure archetipiche: qualsiasi contenuto
Intervista a cura di Francesca Brigida