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I concorrenti saranno costantemente ripresi dalle immancabili telecamere e avranno a disposizione tre mesi per dimostrare al pubblico che possono riuscire a diventare autosufficienti, anche in un ambiente ostile e malgrado gli handicap. Una vera follia. Una trovata di cattivo gusto piuttosto che originale. Già si sono inoltrate le polemiche a riguardo, con ovvia ragione, ma di certo, alla fine, il programma verrà realizzato e mandato in onda ugualmente, senza scrupolo alcuno. La mossa strategica di incentrare un programma televisivo su persone disabili, perché erano state certamente calcolate le polemiche e forzatamente volute, è un modo per impennare al massimo gli ascolti. Spettatori curiosi, dunque, davanti ciò che non si dovrebbe fare, davanti alle polemiche, davanti a dei concorrenti insoliti. E credete davvero che sia così? Certo che no. Non si tratta di spettatori curiosi ma solo di cente dal cervello molto piccolo, perché alimentare un fuoco che brucia non è di certo una cosa che va catalogata nelle cose da apprezzare. E, di solito, un programma seguito, è un programma apprezzato e, perché no, meritevole. Non è di certo questo il caso anche se l’audience sarà alle stelle.
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Il cast di “scartati” è variegato: c’è Tom (Tim Gebbels), un uomo cieco con la passione delle armi da fuoco (ebbene sì); Gabriella (Sophie Woolley) una donna non udente che aspetta un bambino; Dan (Peter Mitchell) un paraplegico costretto a vivere su una sedia a rotelle; Carrie (Kiruna Stamell) una donna affetta da nanismo con una forte personalità; Will (Mat Fraser) che ha la sindrome da talidomide; April (Victoria Wright) affetta da cherubismo, una malattia fibro-ossea benigna dell’infanzia, che colpisce la metà inferiore del volto, le ossa mascellari e in particolare la mandibola, deformando il viso. A ognuno dei sei personaggi sarà dedicata una puntata della serie che esplorerà la loro vita passata, raccontata tramite flashback, e il loro presente sull’isola.
Ovviamente ci sono già due fazioni. Da una parte chi ritiene che questa sia l’estrema sintesi delle pari opportunità, che anche i disabili abbiano diritto a un un programma tv, che un reality non si nega a nessuno e che anzi, tutta questa operazione sarà utile per far capire alla gente come vive una persona diversamente abile. Dall’altra c’è chi parla di cattivo gusto, di sensazionanilsmo. Noi, ovviamente, optiamo per la seconda, non di certo perché un disabile non merita un’esistenza alla pari degli altri, ma perché è ovvio che questa è solo una mossa strategica pensata e affinata per impennare gli ascolti. Un sole che brucia non è mai un sole buono!